Un rinnovato interesse si respira intorno ad una cantante che ha profondamente segnato la storia del teatro lirico italiano: Maria Teresa Ottavia Faustina Trombetta, nota come Teresa Belloc. Nacque a San Benigno Canavese il 2 luglio 1784 da Carlo ed Agnese Arutin, originaria di Tbilisi, capitale della Georgia allora inglobata nell’Impero Russo. Il padre apparteneva ad una famiglia borghese benestante, proprietaria di un filatoio e di numerosi beni fondiari, e fu uno dei più attivi giacobini, tra i protagonisti delle cospirazioni che accompagnarono l’arrivo dei Francesi a Torino nel dicembre 1798.

Nel 1799, a causa dell’offensiva Austro-russa di Suvarov che fece fuggire i francesi dal Nord-Italia, dovette temporaneamente riparare in Francia e portò con sé la famiglia. Teresa compì probabilmente i suoi primi studi musicali a Torino (oltre al canto, imparò a suonare l’arpa ed il pianoforte) poiché, come scrisse Stendhal nella sua Vita di Rossini, «M.me Belloc, fille d’un officier cisalpin chassé de sa Patrie, a débuté à Bourg-en-Bresse au mois de Janvier 1800», città in cui il padre aveva un incarico amministrativo e dove avevano trovato un’occupazione anche i due fuoriusciti fratelli Belloc, il medico militare Angelo e il direttore del demanio Pietro. Con il ritorno dei francesi in Italia nel 1800, Teresa sposò Angelo tra la fine del 1801 e l’inizio del 1802 e da quel momento si presentò con il cognome acquisito del marito.

Il debutto avvenne a Torino nell’autunno del 1801: Teresa fu scritturata da Giacomo Pregliasco, architetto teatrale, decoratore ed inventore di costumi e macchine, per la stagione del Teatro Regio che proprio in quell’anno aveva assunto il nome di Grand Théâtre des Arts. Sui manifesti e sui libretti stampati per l’occasione, la cantante compariva come «cittadina Maria Teresa Giorgi», col cognome posticcio forse acquisito per omaggiare il paese natale della madre e per celare quello paterno ma che la portò ad essere scambiata, da alcuni musicografi tra i quali Francesco Regli, con altre cantanti, quali Gertrude Righetti Giorgi e Brigida Giorgi Banti. Esordì come contralto nell’opera buffa L’equivoco di Giovanni Simone Mayr che fu replicata per altre 16 volte; il 22 settembre andò in scena con la cantata I veri eroi, su testo del poeta di corte Gian Domenico Boggio e musiche di Bernardino Ottani, che non ebbe il successo sperato come scrisse il Journal de Turin del giorno successivo: «La Signora Giorgi non ha dato prova di quella sensibilità d’espressione che le è così naturale».

Alla fine di settembre andò in scena con Griselda o la virtù al cimento, dramma semiserio di Ferdinando Paër, replicato per 26 serate e che ebbe grande successo, come evidenziato dal Journal de Turin del 1 ottobre: «La cittadina Giorgi, prima donna, tiene fede alla brillante reputazione che si è già conquistata. Nulla eguaglia l’estensione, la precisione e la toccante flessibilità della sua voce». Seguirono le 14 rappresentazioni de Il fuoriuscito di Vincenzo Pucitta e, a partire dalla fine di ottobre, le 21 serate dell’opera buffa L’astuta in amore di Valentino Fiora-vanti. Prima del termine della stagione torinese fu portata in scena, in due serate, la cantata Delli 18 brumaio su testo di Paolo Luigi Raby e musiche di Giuseppe Pietro Bagetti a ricordo del colpo di stato con cui Napoleone avviò la definitiva presa del potere. Il Journal de Turin del 27 novembre sottolineò che la signora Giorgi si era particolarmente distinta «per il tono, l’estensione, la toccante flessibilità della sua voce».

Nel 1802 fu scritturata per la stagione del Carnevale al Teatro Ducale di Parma, in seguito al Teatro Nuovo di Trieste dove si trattenne fino alla primavera del 1803. La sua notorietà era in tale ascesa da portarla ad essere scritturata, nel maggio 1803, al Théâtre-Italien di Parigi, dove andò in scena con Il principe di Taranto e Griselda di Ferdinando Paër e con Nina pazza per amore di Giovanni Paisiello. Tornata in patria, esordì al Teatro alla Scala di Milano il 2 aprile 1804 dove, tra le altre, si esibì in Amor non ha ritegno di Giovanni Simone Mayr.

Il Corriere Milanese del 21 maggio scrisse: «la signora Giorgi Belloc, all’incanto di una dolcissima voce armoniosa e sommamente pieghevole, unisce tutti i vezzi dell’arte e la maestria di un’azione sempre vera e interessante». Dopo essersi esibita, nel biennio 1805-1806, al Teatro San Moisè di Venezia e al Nazionale di Brescia, inaugurò il 26 dicembre 1806 la stagione del Carnevale al Teatro alla Scala in Adelasia e Aleramo di Mayr che ebbe talmente successo da essere replicato per altre 53 volte. Il Giornale di Milano del 29 dicembre scrisse: «La signora Belloc ha una maestrevole abilità, una voce, benché forse alcun poco debole per il nostro teatro, d’una estensione però grandissima e d’una flessibilità assai rara. A meraviglia poi ella possiede la sì difficil arte dello sceneggiare». Si esibì alla Scala fino al tardo autunno del 1807: tra le opere messe in scena, Così fan tutte di Mozart che ebbe ben 39 rappresentazioni tra settembre e ottobre di quell’anno.
Teresa Belloc tornò ad esibirsi a Torino per la stagione del Carnevale al Teatro Regio (ridenominato Imperiale): esordì il 26 dicembre con la cantata L’incoronazione su testo di Paolo Luigi Raby e musiche di Bernardino Ottani, messa in scena per festeggiare la presenza a Torino di Napoleone. Il 29 dicembre si tenne la prima delle 20 interpretazioni di Adelasia e Aleramo di Mayr, seguita da La conquista delle Indie orientali di Vincenzo Federici la cui prima si tenne l’8 febbraio 1808 ed ebbe 24 repliche. Le Courrier de Turin del 12 febbraio esaltava la cantante: «La signora Belloc, da collocare in prima fila tra i cantanti d’Italia, è al di sopra di tutto quello che potremmo dire sui suoi meriti».

Terminati gli spettacoli a Torino, non ebbe impegni fino alla stagione di Carnevale del 1809, quando fu scritturata dal Teatro Sant’Agostino di Genova. Seguirono le scritture al Teatro del Fondo e al Teatro San Carlo di Napoli e al San Moisè di Venezia dove, l’8 gennaio 1812 esordì interpretando Isabella ne L’inganno felice di Gioacchino Rossini. Nella primavera dello stesso anno fu nuovamente impegnata alla Scala. Durante la sua assenza dalle scene, tra il 1812 e il 1816, prese residenza stabile a San Giorgio Canavese, dove acquistò una casa rurale che divenne Villa Belloc (l’attuale Villa Malfatti) e alcuni terreni. Nel 1816 fu alla Scala, per interpretare Pamina ne Il flauto magico di Mozart e poi nuovamente Isabella per Rossini, prima dell’ultimo ingaggio a Torino per la stagione di Carnevale del Regio dove si esibì in Berenice d’Armenia di Carlo Soliva e in Abradate e Dircea di Paolo Bonfichi. Proseguì alla Scala e il 31 maggio 1817 esordì nel ruolo di Ninetta ne La gazza ladra di Rossini, forse l’apice della sua carriera. La Gazzetta di Milano del 7 giugno annotò che «la signora Belloc è continuamente sulla scena; è necessario un polmone di ferro per resistere a tanta fatica. Ella disimpegna la sua parte con altrettanto zelo che abilità. La strepitosa istrumentazione non vince la forza della sua voce». Le stagioni del 1819 e del 1820 la videro impegnata al King’s Theatre di Londra in varie interpretazioni di opere di Rossini, Mozart e Paisiello. Rientrata in Italia, si esibì alla Scala dalla stagione di Carnevale del 1820 fino alla primavera del 1824 (fatta eccezione per una scrittura al Teatro Ducale di Parma, ove vantava l’amicizia con Maria Luigia d’Austria), al termine della quale annunciò il suo ritiro dalle scene. Nel 1825 comparve per alcuni spettacoli in vari teatri, fino all’estate del 1828 quando, dopo le 15 repliche di Giulietta e Romeo di Torriani al Teatro Eretenio di Vicenza, si ritirò definitivamente dopo 27 anni di carriera e si stabilì a San Giorgio Canavese.

Da allora, fece vita riservata; aveva accumulato un ingente patrimonio che le consentì un’esistenza agiata. Si dedicò alle opere di beneficenza, alla cura della propria famiglia e alla ristrutturazione della villa. Nel 1832 le morì l’unica figlia Faustina, di soli 16 anni; nel 1842 morì, ottuagenaria, la madre Agnese e, nel 1845, fu la volta del marito Angelo Belloc. Dopo aver vissuto in solitudine, Teresa morì a San Giorgio Canavese il 13 maggio 1855 e fu sepolta nel piccolo cimitero adiacente al santuario di Misobolo. Non avendo eredi, i suoi averi andarono al domestico, Angelo Ferrero, che vendette le proprietà e disperse il materiale documentario e iconografico.

Il Comune di San Giorgio Canavese ha intitolato a lei il rinnovato teatrino.