Un pezzo importante della produzione olivettiana e oggi molto raro è stato donato la scorsa settimana da Enzo Actis Dana, imprenditore oggi in pensione che vive a Bollengo. Con un breve passato all’ufficio Cina della Olivetti, fu uno dei pionieri italiani dell’imprenditoria e del commercio negli anni in cui in quel paese “c’erano solo biciclette e tutti erano vestiti come Mao”, come ama ricordare. Poi in Italia gli capitò quel pezzo strano, o meglio, raro: era la Telescrivente Olivetti T1.
L’ideazione della telescrivente fu il frutto del lavoro di diversi ingegneri, tra cui Royal E. House, David Edwin Hughes, Charles Krum ed Émile Baudot. Ma a perfezionarla fu Frederick G. Creed nel 1897. Presero piede nel mercato statunitense nel corso degli Anni ’20.
Grazie all’Archivio Storico Olivetti sappiamo che in Italia il progetto della prima telescrivente Olivetti si avviò nel 1936, quando Massimo Olivetti e Giuseppe Beccio direttore tecnico, cominciarono a lavorare a una macchina di questo tipo su richiesta della regia Marina Militare. Come nel 1911, quando la prima commessa di macchine da scrivere M1 fu ordinata dalla stessa arma. I primi due prototipi erano pronti nel 1937 e l’anno seguente, al Salone della Meccanica di Torino, venne presentata la T1: fu la prima telescrivente Olivetti, prodotta nelle due versioni trasmittente-ricevente e solo ricevente.
Il funzionamento delle prime telescriventi era piuttosto semplice: premendo un tasto della macchina si trasmettevano, attraverso cavi telefonici o telegrafici o coassiali o anche via etere, gli impulsi elettrici che provocano in un’altra macchina uguale, posta all’altra estremità del circuito, la scrittura dei messaggi, lettera per lettera, così come venivano digitati. I primi modelli, cosiddetti “a zona”, stampavano su strisce di carta che venivano poi tagliate e incollate su fogli o moduli di telegramma per rendere più agevole la lettura.
Successivamente vennero introdotti i modelli “a carrello”, che consentirono di riprodurre il testo direttamente su un normale foglio. Gli impulsi elettrici trasmessi, grazie a una perforatrice collegata alla macchina, potevano anche essere trasformati in un nastro perforato, che – inserito in un apposito trasmettitore automatico – rigenerava gli impulsi originali e consentiva la trasmissione differita a più soggetti.
La codifica e il riconoscimento dei caratteri si basa su un codice internazionale, costituito da 32 combinazioni di impulsi elettrici positivi e negativi, sufficienti a identificare tutte le lettere e i segni del messaggio. Ogni carattere battuto sulla tastiera lanciava sulla linea un gruppo di 5 impulsi, aventi ognuno la durata di 20 millesimi di secondo, che, all’arrivo, provocavano sulla macchina ricevente il movimento del corrispondente martelletto.
Nel dopoguerra la diffusione delle telescriventi aumentò. Oltre al Ministero della Difesa, il principale cliente delle telescriventi Olivetti fu l’amministrazione postale che progressivamente sostituì i vecchi telegrafi.
Ma anche le banche e le imprese iniziano a dotarsi di propri apparecchi telex, poi gli organi di stampa. Olivetti produsse ancora il Modello T2 e TE 300.
Presto il mondo si dotò di una rete di collegamento che anticipava per certi aspetti, quella di Internet. Oggi è quasi completamente sparita,
sopravvive in qualche ambito militare e nel settore marittimo via radio HF. In Italia il servizio è cessato ufficialmente per decreto il 31 dicembre 2011.
Un prezioso filmato messo a disposizione dall’Archivio Cinema d’Impresa sulla T2 lo si può vedere all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=v-9-yfpeV5M.
La Telescrivente Olivetti T1 si potrà finalmente vedere e studiare al Laboratorio-Museo in via Giuseppe Di Vittorio 29 a Ivrea.