Su quel balcone di via Paolo Veronese a Torino non mancano mai i fiori: con i loro colori attirano gli sguardi dei passanti. Ci sono sempre, durante tutto l’anno: campanelle, ipomee, dipladenie, ciliegie di Gerusalemme, oleandri, ibiscus e piccoli crisantemi.
Il centro culturale torinese, intitolato al teologo e filosofo inglese John Henry Newman, cardinale e santo per la chiesa, mi ha invitato a presentare il libro dedicato a Padre Tiboni.
Dopo una mia breve introduzione sulla storia del missionario comboniano che tanto ha dato alla vita della mia famiglia e mia, si sono succeduti tre testimoni, che hanno raccontato il loro legame con padre Pietro.
Don Primo Soldi, un “forever young” sacerdote, che ha dedicato con passione tutta la sua vita ai giovani, ha fatto sua la preghiera di consacrazione a Maria – nota come la preghiera di Tiboni – affinché tutti i popoli potessero conoscere Cristo.
Poi Francesco, ora maturo professionista del marketing a Milano, che, giovanissimo, vittima di un incidente che lo ridusse in fin di vita, fu oggetto di preghiere e intercessioni dei suoi genitori e amici, guidati da don Primo che lo affidò ad un giovane seguace ugandese di Tiboni, Francis Bakanibona, ucciso martire in odio alla sua fede. Le preghiere, l’amore e bravi medici lo guarirono e l’arte lo aiutò a ricomporre le ferite dell’anima, ispirandogli poesie di riconoscenza e contemplazione.
Tiboni aveva un affetto speciale per Franco, lo sposo di Carla. Militare di carriera, nella seconda metà degli anni ’70, il sergente maggiore Terlizzi collaborava strettamente con padre Pietro nella cura per i tanti giovani militari di stanza a Roma, reclute smarrite nella confusione della grande città e delle anonime caserme. Carla è ancora oggi stupita per l’attenzione profonda che Tiboni aveva per lei e il suo Franco, che troppo presto l’aveva lasciata per il cielo. Non ricorda bene cosa diceva loro accompagnandoli al matrimonio e poi visitandoli regolarmente, anche durante la malattia. Ricorda solo che di fronte a padre Pietro si sentivano gli unici al mondo.
In prima fila Marta e Giulia, le figlie di Carla e Franco, con i volti belli e luminosi, mi sembrano come i più bei fiori del balcone di via Veronese. I loro occhi si fissano sulla mamma stupiti e grati e, ricordando anche papà, l’ammirano come una rosa pienamente fiorita e bella!