Il 24 gennaio il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, è stato ospite a Radio Vaticana e ha parlato delle urgenze e delle sfide che impegnano la scuola, mettendo al centro del suo impegno la valorizzazione dei docenti, l’orientamento scolastico dei ragazzi e la figura del “docente tutor”.
Nella scuola vanno valorizzati i talenti sia dei docenti sia degli alunni. Per fare si che la scuola riesca effettivamente a personalizzare l’apprendimento di ogni studente, il ministro ha pensato di valorizzare quei docenti maggiormente competenti e preparati ai quali saranno attribuiti compiti e funzioni particolari. Il docente tutor, ad esempio, “dovrà coordinare in una logica di squadra il lavoro di personalizzazione, della formazione dei ragazzi e che dovrà seguire quei ragazzi che fanno più fatica, che rischiano di rimanere indietro, oppure quei ragazzi che sono talmente bravi che in classe si annoiano”. In effetti, oggi la sfida educativa viene posta dalle neurodiversità, dai ragazzi con “Bisogni Educativi Speciali” (i cosiddetti BES), nei quali rientrano sia studenti con disturbi specifici e aspecifici dell’apprendimento, sia studenti con plusdotazione. In tutti questi casi, la didattica va resa efficace progettando l’intervento educativo sulle caratteristiche dei bambini e dei ragazzi e soprattutto sui loro bisogni.
Quando facciamo riferimento ai bisogni, non si deve pensare alla realizzazione delle sole necessità cognitive: vanno presi con altrettanta considerazione anche i bisogni emotivi e sociali. A tal proposito, nell’intervista il ministro ha parlato di attività curricolari, ma anche di attività extracurricolari, perché è assodato che l’educazione e l’apprendimento si possano realizzare in contesti diversi e facilitanti, secondo le caratteristiche specifiche di quelle abilità, capacità, risorse ed interessi di ogni studente.
Per differenziare gli apprendimenti sarà utile ripensare la didattica ma anche i tempi e gli spazi per gli apprendimenti. È bene ricordare che lo spazio fisico viene definito “terzo educatore”, perché la qualità dell’apprendimento è legata alla qualità dello spazio, della comunicazione visuale, degli strumenti didattici per il lavoro autonomo.
La sfida è quindi quella di far sentire ogni studente all’interno di un percorso didattico ed educativo che lo riguarda e che lo supporterà nel percorso di tutta una vita. Accettando che ogni ragazzo ha un potenziale, che può declinare in tanti ambiti diversi, si renderà la scuola maggiormente accessibile a tutti, redistribuendo la responsabilità (alla scuola, alla famiglia ma anche allo stesso studente) della formazione del giovane.
Anche la scuola rientra nelle linee guida dell’Agenda 2030 dell’ONU, che, all’obiettivo 4 recita: “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”.
L’Unesco ha individuato alcuni traguardi per educare le nuove generazioni alla cittadinanza globale: comprendere la necessità di interconnessione tra i diversi popoli; sviluppare capacità analitiche e spirito critico; sviluppare un senso di appartenenza comune fondato sulla conoscenza dei diritti dell’uomo; agire in modo responsabile a livello locale, nazionale e mondiale, per un mondo pacifico e sostenibile e motivare verso scelte sostenibili e necessarie.
Il processo che porta alla differenziazione degli apprendimenti, al riconoscimento dei talenti di ogni studente richiede tempo ed energie. Se però la differenziazione permette ad un giovane di acquisire consapevolezza su ciò che sa fare e sulle disposizioni della sua mente, potrà partecipare attivamente alla costruzione del proprio futuro e diventare una persona soddisfatta e rispettosa di sé, delle relazioni e delle opportunità che hanno favorito il raggiungimento di quegli specifici obiettivi.