Continua la “via Crucis” del centro-sinistra: dopo le sconfitte alle politiche e alle regionali del Lazio e della Lombardia, ora il “cappotto” nel Friuli-Venezia Giulia, doppiato dal destra-centro: 28 a 64, con il Terzo Polo al 2! L’effetto Schlein, vaticinato da molti media della grande finanza, non c’è stato: il Pd è sceso di due punti sulle regionali, l’alleato grillino non ha raggiunto il 3 (confermando la natura ormai “meridionale” del movimento guidato da Conte). Lo scontro radicale favorisce la destra, come già avvenne nel ’94, con il duello Occhetto-Berlusconi.
L’opinione pubblica avverte il conflitto per la leadership tra Schlein e Conte, a cominciare dalla politica estera, con posizioni opposte sulla guerra Russo-Ucraina. Il “Terzo Polo”, nella sua corsa solitaria, non incide sul quadro politico (Renzi lo ha avvertito, annunciando un periodo di allontanamento dalle prime linee). Nello stesso Pd continua il confronto interno, con accresciute preoccupazioni della componente di estrazione cattolica e il suo forte appello contro la legittimazione dell’utero in affitto, anche sulla base di indagini a livello mondiale (un foglio laico come “La Stampa” ha pubblicato i dati 2022 sulla maternità surrogata: un giro d’affari che supera i 14 miliardi di dollari, con un record di due nell’India della povertà).
La crisi del centro-sinistra offusca la confusione emergente nella maggioranza, a livello istituzionale e governativo. Clamoroso l’infortunio del Presidente del Senato, La Russa, sulla strage nazi-fascista delle Fosse Ardeatine, con un tentativo, fallito, di riscrivere la storia. Su richiesta della stessa Meloni, il numero due della Repubblica nata dalla Resistenza, ha chiesto scusa, senza riuscire a cancellare il suo obiettivo politico: rompere il rapporto tra antifascismo e Costituzione repubblicana. Ma la ricerca identitaria confligge con la responsabilità istituzionale della maggioranza verso tutti gli italiani: come ricorda spesso il Presidente Mattarella, l’antifascismo è alla radice delle nuove istituzioni democratiche, patrimonio insostituibile del Paese.
Sul piano governativo, come ha scritto un intellettuale della Destra (Marcello Pera) sul “Corriere”, manca alla Meloni un progetto preciso delle cose da fare: di qui la rincorsa tra i partiti della coalizione a intestarsi le proposte operative, a cominciare dalla riscoperta del ponte sullo Stretto da parte di Salvini o l’urgenza del ministro Calderoli sulla discussa proposta di legge sull’autonomia differenziata delle Regioni, con il rischio di una nuova crisi Nord-Sud.
Ma la questione più seria e urgente riguarda il PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza), ovvero il finanziamento di quasi duecento miliardi dell’Unione Europea per risollevarci dai disastri del Covid. Secondo la Lega, viste le difficoltà attuative entro il 2026, sarebbe meglio rinunciare alla quota del piano in prestiti e concentrarsi sulla parte dei contributi a fondo perduto; la Meloni insiste invece per la difesa complessiva del PNRR, senza rinunce, e per una rinegoziazione con Bruxelles degli interventi. Peraltro l’UE è critica con il Governo per la proroga delle concessioni balneari e per i ritardi nella ratifica del Mes (il meccanismo europeo di solidarietà), mentre si rimpallano le accuse tra i Governi coinvolti nell’operazione: Conte, Draghi, Meloni, con polemiche roventi tra maggioranza e opposizione.
L’autorevole esponente centrista PierFerdinando Casini (eletto nelle fila del Pd) ha rivolto un appello al destra-centro e al centro-sinistra: non perdiamo l’occasione storica dei finanziamenti europei, secondi solo al Piano Marshall della ricostruzione post-bellica. Costruiamo in Europa un’intesa tra le forze politiche, una pax “provvisoria”, per convincere Bruxelles a non interrompere l’iter dei finanziamenti.
Questa sollecitazione, in linea con i messaggi del Quirinale, richiede un armistizio nella guerra quotidiana Meloni-Schlein, Conte-Salvini…, recuperando un contesto di solidarietà nazionale, pur nelle legittime e contestate differenze; certamente questa concordia istituzionale esigerebbe di mettere un freno alla campagna elettorale per le prossime europee, con la Meloni che cerca di rovesciare la maggioranza Ursula a Bruxelles mentre la Schlein punta a surclassare la concorrenza di Conte.
Le forze politiche non dovrebbero ignorare il monito del permanente astensionismo, anche in Friuli. Un segno di sfiducia, uno stimolo a mettere in primo piano le esigenze del Paese, duramente provato ieri dalla pandemia, ora dalla guerra infinita Mosca-Kiev.