(Fabrizio Dassano)
Mai come in questi tempi abbiamo così tanto desiderato il vaccino… almeno quanto l’abbiamo temuto. Con questi sentimenti mi sono apprestato alla registrazione sulla piattaforma regionale approntata per il personale scolastico al fine di ottenere l’appuntamento. Mentre già mi apprestavo all’ora X – con l’animo del soldatino di prima linea pronto a varcare impaurito la soglia della trincea per scapicollarmi nella terra di nessuno con i miei compagni di sventura – arriva il contrordine. Stop! Attacco rinviato.
Discussioni interminabili. Farlo o non farlo? Morire di Covid o di trombosi? Le percentuali di “perdite accidentali” sono bassissime ma fanno effetto, fanno paura. E se uno facesse parte di quella misera percentuale? Gli interrogativi si sommano al passare delle ore del blocco del famigerato Astra Zeneca.
Qualcuno annuncia la propria diserzione, altri giustificano la propria adesione, anche se sono commenti non richiesti: ma fa parte della paura cercare di parlarne e confrontarsi, cercare quella compagnia consolatoria che forse nessuno riesce a dare. Al di là delle convinzioni generali ora qui si gioca sulla propria pelle e diventa un fatto personalissimo della propria esistenza. Il bollettino dei caduti da Covid resta sempre inquietante: “Come se cadesse un aereo al giorno pieno di passeggeri”, è uno dei commenti più devastanti quanto efficaci. Eppure alziamo lo sguardo al cielo da un anno e non vediamo più aerei in cielo, ma solo anime che salgono.
Terminato il blocco “cautelativo” siamo riconvocati. Riprendiamo a fare “i compiti a casa”, cioè l’anamnesi di cui scarichiamo i moduli da internet per compilarli a penna; e sottoscriverli. Ci presentiamo al luogo e all’ora convenuti; vi troviamo altri colleghi, con cui si fraternizza come non mai prima in dieci anni. Si parla con il medico, si esaminano le patologie pregresse.
Il medico è come l’ufficiale in trincea: ti instilla coraggio. Si va a prendere posto. Il mattino l’avevo passato a scegliere un abbigliamento idoneo allo scoprimento rapido del braccio sinistro: poiché non volevo rinunciare alla camicia, pensavo di tagliarmi la manica sinistra. Poi ho optato per una serie di maglie e magliette. Mi siedo a braccio scoperto e non guardo cosa fa l’operatrice sanitaria: della vista di quel gesto che abbiamo visto mille volte in tivù, ne faccio volentieri a meno.
Ricevo l’iniezione che dura un attimo e mi dicono di aspettare 15 minuti in osservazione, mentre preparano il foglio per il richiamo. La sala è tappezzata con i numero del lotto, non quello da giocare… ma quello del vaccino. E mi chiedo: se ci fosse qualcosa che non va, che cosa fanno? Me lo risucchiano il numero ABV6096?
Invece, va tutto bene. Saluto, esco, prendo l’auto e passo dalla farmacia a comprare tutto quello che serve per attutire eventuali reazioni nelle ore più tarde. Pranzo pacifico e poi mi metto a fare le solite faccende dimenticando la mattinata. Mi sembra di aver voltato pagina!
Nel pomeriggio vengo assalito da brividi sempre più violenti, mi sale la febbre ma tutto sommato era prevedibile. Prima contromisura il febbrifugo. Passano le ore e mi seppellisco di coperte sul divano. Ho la berretta di lana in testa, il tremore è quasi incontrollabile. Non riesco a fare le scale. Sto malissimo.
Verso ora di cena ho tutto in mente eccetto che di mangiare qualcosa. Sono sotto attacco di dolenze muscolari e giunturali pazzesche! Mi viene in mente che non ho fatto testamento. Ma non importa, oggi non serve più farlo. Altro febbrifugo. Il dolore alle articolazioni sembra scendere, sonnecchio come posso fin quando sento come se mi avessero pugnalato il braccio! Con le forze rimaste spacco una cartuccia di ghiaccio secco e me la lego col nastro adesivo sul foro dell’ago. Le interminabili ore della notte passano e verso le 5 finalmente mi addormento fino a mezzogiorno.
Mi alzo come nel film “Alba dei morti viventi” di Romero e riprende il patimento per tutto il pomeriggio. La sera faccio le scale e vado a letto. Compio le famose tre sudate e spero di aver perso almeno qualche etto di peso. Riempio la lavatrice di pigiami e canottiere fradice e rimango bloccato nella schiena tutta la mattina. Questa volta ho fame e faccio pranzo lo stesso strisciando vergognosamente i piedi per il mal di schiena. Prendo un antidolorifico. Verso le 14 non ho più nulla. Tutto sparito come un incubo. Non male come reazione al vaccino.
Adesso attendo il richiamo a giugno…