(Elisa Moro)
Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto
“Hic est dies verus Dei” (questo è il vero giorno di Dio); la Chiesa, con le parole di Sant’Ambrogio, così annuncia la vittoria del Signore sulla morte: nessun giorno è tanto di Dio quanto la Pasqua; nessun giorno è tanto terso quanto l’oggi rischiarato dal Cristo vittorioso; nessun giorno è più gioioso, poiché si alzano gli occhi al cielo “e tendiamo a quella patria, dove non resterà altro che l’Alleluia” (Sant’Agostino, Disc. 255).
Si possono evidenziare due aspetti di questo noto brano del Vangelo di Marco (Mc. 16, 1-7), fondamentali per entrare nell’evento salvifico della Pasqua.
“Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro” (v.2). Tre donne, definite “mirofore” nella Chiesa orientale, sfidano il buio che precede la nuova creazione, “una notte fonda, senza luna e con le stelle oscurate dalle nuvole” (Giussani, 1992), che comincia a conoscere le timide luci dell’aurora, rivelatrici di come “tutta la creazione è invitata ora ad esultare e a gioire” (San Massimo Torino, Serm. LIII). Con il cuore chiuso nel dolore, come la “pietra” del sepolcro, giungono al luogo della loro maggior sofferenza, recando con sé il segno del profumo, immagine dello Sposo-Cristo del Cantico, ma anche segno di premurosa compassione femminile.
Le donne, immagine della Chiesa, aprono con gratuità il loro cuore, come la pietra è ora aperta davanti ai loro occhi.
Il Signore chiede ad ogni battezzano di affrettarsi verso il Sepolcro. Serve “un cuore nuovo” (Ez. 36, 26), capace di smuovere il pesante macigno delle piccole e false certezze, che non permettono al profumo di Cristo, vero Unto di Dio, di sprigionarsi, attraendo anche i lontani alla novità più profonda: “ora siamo figli di Dio. Ora ha fatto anche noi celesti” (Gregorio di Nissa, Oraz. IV).
“Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto” (v. 7). L’angelo annuncia, invia alla missione. Il Vangelo è dinamismo, movimento puro; è il fatto più vitale della storia -il Cristo è presente, è vivo – e “precede”.
Come ricorda Papa Benedetto XVI, il “precedere di Cristo implica una duplice direzione”: Egli “ci precede presso il Padre e ci invita a seguirlo”; questo non si attua senza un luogo concreto in cui si vive – la Galilea – “andando sulle strade del mondo” (Benedetto XVI, Omelia 26/05/2005), diventando, nella concreta esistenza, nelle gioie e sofferenze, missionari autentici e gioiosi del Signore della storia: “Surrexit Christus, spes mea!” (Cristo, mia speranza, è risorto).