Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza

IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)

(diacono Marco Florio)

Il Vangelo di questa domenica è di una semplicità e di una forza disarmante. I termini e le immagini sono quelli ricorrenti al tempo di Gesù. Spesso nell’Antico Testamento Dio viene chiamato “Pastore di Israele” ed è una immagine calda per indicare il rapporto di Israele con Dio. Facendo riferimento a questa esperienza di Israele con Dio, Gesù prese l’immagine del pastore e l’applicò a sé.

Il Vangelo incomincia con la scena di un recinto con dentro delle pecore. Questo recinto ha una porta e di solito chi entra dalla porta o è una persona conosciuta o è uno che chiede permesso prima di entrare. Tutte persone “a posto” diremmo noi. Chi entra dalla porta è il pastore, quindi è il padrone di casa.

Tutti quelli che passano per altri posti sono “ladri e briganti”. Il “guardiano” è quello che media la situazione, apre la porta al pastore: “e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce”. Gesù qui ci ricorda che la vita è un cammino e il senso di tutto sta nella meta del cammino.

Chi dimentica la meta, condanna la vita vanificando il diritto alla vita con il diritto alla morte, mia o di qualcun altro. Gesù dice che si arriva a lui per un’attrazione interiore. È dal cuore dell’uomo che parte la ricerca di Dio. Un cuore che durante questa ricerca non smetta di convertirsi: un cuore aperto che non ha paura d’amare, ma non ha paura neanche di purificarsi da ogni arroganza e da ogni autosufficienza: a Dio si arriva scalzi come ha anche scritto Ernesto Olivero.

Gesù prosegue dicendo: “Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Questo universale e attuale avvertimento ci mette in guardia: se l’uomo si affida a coloro che rubano, uccidono e distruggono la sua dignità, non fa altro che riempirsi di fumo e di vuoto. La storia dovrebbe insegnarcelo.

Gesù è il Pastore, ma è anche la porta, il mediatore. Ci richiama ad ascoltare le esigenze del nostro cuore, ci invita alla conversione con umiltà.

Ci invita a saperlo riconoscere imparando ad amare e non a odiare. Ad accogliere e non a respingere. A prendersi cura della vita nella sua sacralità.

(Gv 10,1-10) In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra
nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante.
Chi invece entra dalla porta,
è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano
la sua voce: egli chiama le sue pecore,
ciascuna per nome, e le conduce fuori.
E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.
Un estraneo invece non lo seguiranno,
ma fuggiranno via da lui, perché
non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi
non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità,
in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me,
sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra
attraverso di me, sarà salvato;
entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare,
uccidere e distruggere; io sono venuto
perché abbiano la vita
e l’abbiano in abbondanza».