L’uso smodato dei social è correlato alla salute mentale dei giovani? Non ci sono chiare evidenze scientifiche, però i giovani passano moltissimo tempo sui social, perdono la cognizione del tempo, viene alterato il loro umore, orientano i loro bisogni e le loro aspettative, subiscono delle manipolazioni. È capitato a tutti di vedere bambini, anche molto piccoli, al ristorante con lo smartphone che i genitori gli hanno dato per “farli stare buoni”; ci sono neo mamme e neo papà che pensano di aiutare i propri neonati a dormire meglio mettendo il telefonino con delle canzoncine vicino alla culla.

Tutti i Paesi discutono su come limitare l’accesso ai social ai giovanissimi, ma l’Australia è il primo in cui le Camere hanno approvato un emendamento che vieta l’uso di piattaforme ai minori di 16 anni e obbliga le aziende a mettere in atto misure di accertamento dell’identità di chi si iscrive, sotto pena di costosissime sanzioni (anche se pare che ad alcune piattaforme come Whatsapp o YouTube saranno garantite deroghe per favorire lo studio e l’apprendimento).

La legge di cui si parla, senza una comprensione profonda dei danni che si subiscono o che si fanno subire attraverso l’uso errato ed inappropriato di dispositivi elettronici e dei contenuti che vengono divulgati, rischia di non essere rispettata, con buona pace di tutti coloro che faranno a gara dal disimpegnarsi dalle responsabilità. In Italia, si parla del problema, ci sono state e ci sono proposte per limitare l’uso dei social, ma quello che preoccupa di più è la drastica diminuzione dei neuropsichiatri infantili nei servizi pubblici, che non consente di attuare interventi di sensibilizzazione e di prevenzione su questo fronte.

Avere un professionista con il quale potersi confrontare permette di trovare risposte a tante domande. Ci sono molti esperti che usano i social per diffondere informazioni sulla tutela dei bambini e degli adolescenti; seppur ascoltati non vi è poi un passaggio verso azioni concrete per limitare il tempo o l’esposizione a contenuti non idonei all’età di chi ne fruisce. Difficile pure riportare tanto i giovani quanto i genitori in un contesto di assunzione di responsabilità che, se condivisa, potrebbe anche permettere il superamento della legge stessa, a quel punto superflua.

Ci vorrà sempre una legge per tutelare chi dovrebbe essere invece tutelato dal senso di responsabilità degli adulti, magari genitori stessi?