(renato scotti) – Si è concluso lunedì 11 novembre, giorno della memoria liturgica, il triduo dei festeggiamenti in onore del santo patrono Martino di Tours.
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Dopo la Santa Messa delle 18,30, celebrata dall’arciprete di Borgomasino don Massimo Ricca, numerosi sono stati i devoti partecipanti alla tradizionale fiaccolata che, dalla chiesa parrocchiale, dopo aver attraversato alcune vie del paese, si immerge per un breve tratto nella campagna circostante e poi sale, lentamente, lungo il versante Sud della collina, fino alla pieve romanica del XII secolo intitolata al santo Vescovo.
Se il sole dell’“estate di san Martino” aveva riscaldato e illuminato nel mezzogiorno di domenica la processione per le vie del paese, non di meno ha fatto la luna nella serata di lunedì accompagnando e rischiarando il cammino dei fedeli, seppur offuscata un poco da nubi leggere.
Al termine della fiaccolata, dopo la benedizione impartita don Ricca, è stata inaugurata la bacheca espositiva del “Sentiero delle Pietre Bianche” – progetto avviato nel 2008 e oggi proseguito dall’associazione Terre dell’Erbaluce – installata sul lato destro della chiesetta che guarda verso Villareggia.
Il “Sentiero” si sviluppa lungo 50 chilometri di tracciati segnalati – percorribili a piedi, in bici o a cavallo – secondo un itinerario composto prevalentemente da anelli, strettamente connessi, che toccano il territorio di 11 Comuni fra le provincie di Torino e di Vercelli.
Nel breve discorso inaugurale tenuto dal sindaco di Villareggia, Fabrizio Salono, e dal sindaco di Barone Canavese e presidente dell’associazione Terre dell’Erbaluce, Alessio Bertinato, è stata rivolto un plauso all’impegno meritorio dei volontari che manutengono il “Sentiero” garantendone tutto l’anno sicurezza e percorribilità.
L’anello che attraversa Villareggia si sviluppa per poco meno di 16 km ed è il terzo dei tre percorsi proposti nel progetto.
Informazioni dettagliate sono disponibili sul portale web dedicato – clicca qui – .
Sul finale, la declamazione di due letture.
La prima, di Patrizia Becchio, che ha riproposto il noto episodio del mantello di san Martino tagliato in due e donato per metà ad un mendicante e per metà ad un secondo mendicante incontrato di lì a poco.
Secondo la tradizione, a quel punto il cielo si schiarì e la temperatura si fece mite (da qui l’espressione “estate di san Martino” per indicare la parentesi di bel tempo, nel mezzo dell’autunno, durante i giorni della memoria del Santo).
Qui Becchio ha verosimilmente immaginato che l’apparire del sole abbia quasi risvegliato la natura circostante facendola risplendere nei suoi accesi colori autunnali, facilmente accostabili a quelli dei quattro cantoni di Villareggia (blu-Ujè, verde-Campore, rosso-Arset, giallo-Frasjun) e dunque «per noi villareggesi un motivo in più per riconoscere in Martino il nostro santo patrono».
La seconda, del dott. Adriano Gianetto (purtroppo impossibilitato ad essere presente in questa occasione), medico di famiglia del paese per decenni e ancora fino a pochi anni fa, che per l’occasione ha vergato un gentile e delicato componimento dedicato alla pieve di san Martino e a Villareggia, intessendolo di ricordi vivaci d’infanzia che certamente hanno suscitato un velo di piacevole nostalgia fra gli adulti presenti e un moto di curiosità nei più piccoli.
Degna conclusione, infine, il gustoso, ricco e apprezzatissimo rinfresco offerto dai Coscritti della classe 1964, priori della festa, all’esterno della pieve.
Chi scrive ha particolarmente apprezzato, fra le bevande, l’ottimo vin brûlé servito bollente, autentico toccasana per allietare lo spirito e riscaldare il corpo al termine di una fresca serata autunnale.
Ricordiamo che il Banco di Beneficenza per sostenere le attività dell’oratorio e della parrocchia, inaugurato domenica 11 novembre, sarà ancora aperto domenica 17 novembre, a partire dalle 14,30, e domenica 1° dicembre in concomitanza con il Mercatino di Natale.
Ricordiamo, altresì, per sabato 16 novembre alle ore 20 la grigliata di carne organizzata dal Comitato Manifestazioni Villareggesi presso il salone polivalente, cui seguirà l’intrattenimento musicale a cura della discoteca mobile di Radio Gran Paradiso.
Sperando di fare cosa utile, proponiamo di seguito una sintesi delle predicazioni tenute nelle omelie delle Sante Messe dei giorni 9, 10 e 11 novembre celebrate da mons. Gianmario Cuffia, Vicario generale della diocesi di Ivrea, da mons. Lorenzo Piretto, arcivescovo emerito di Smirne, e dall’arciprete di Borgomasino don Massimo Ricca.
E ci uniamo ai ringraziamenti che il parroco di Villareggia, don Alberto Carlevato, ha rivolto loro e a tutti quelli che, a vario titolo, hanno collaborato per la buona riuscita della festa patronale.
Si ringraziano in particolare anche la Corale Parrocchiale e, per il servizio fotografico, Gabriele Bisco, Francangelo Carra, Mirella Nigra.
LE OMELIE
Mons. Cuffia ha ricordato che Martino di Tours è stato, in Occidente, il primo santo non martire canonizzato dalla Chiesa: la santità, infatti, «non sta soltanto nell’eroismo del martirio, ma anche nell’eroismo di vivere quotidianamente le virtù cristiane in modo esemplare». Don Cuffia ha esortato i fedeli a «considerare la fiducia nella Provvidenza di Dio come l’espressione massima del nostro essere credenti» prendendo spunto proprio dalle vicende della vita del Santo Patrono. Ordinato vescovo nel IV secolo dopo Cristo, san Martino spese gran parte della propria vita per l’evangelizzazione dei poveri e delle popolazioni rurali, consapevole che quei poveri – proprio perché privi di sicurezze umane a cui appoggiarsi – erano più capaci di fidarsi e affidarsi alla Provvidenza di Dio; erano, in un certo qual modo, più propensi a sviluppare quella “povertà in spirito” della prima Beatitudine proclamata da Gesù: Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei Cieli (Mt 5,3).
Mons. Piretto ha osservato come la santità cristiana abbia caratteristiche di universalità, per la sua capacità di diffondersi ed espandersi al di là dei confini geografici. Non si spiegherebbe altrimenti, infatti, l’amplissima diffusione della devozione a san Martino di Tours, venerato addirittura come santo protettore in una piccola comunità come quella di Villareggia, dunque ben oltre i confini di Francia di cui Martino è un santo patrono. L’arcivescovo emerito ha sottolineato come la santità di Martino sia legata al dono totale di sé a Nostro Signore e, per riverbero, al prossimo. Prendendo spunto dal vangelo del giorno (Mc 12, 38-44, l’episodio della povera vedova che getta due monetine nel tesoro del tempio di Gerusalemme e, a differenza di quei ricchi che ostentano le proprie gesta donando il superfluo, dona tutto ciò che ha senza cercare attenzione umana, consapevole che il culto sincero reso a Dio è più importante della propria sicurezza terrena), mons. Piretto ha ricordato l’impegno totale profuso da san Martino, prima e dopo l’ordinazione episcopale, nell’aiutare i bisognosi nel corpo e nello spirito, fornendo sì sostegno materiale, ma innanzitutto aiuto spirituale (anche perché, presto o tardi, la miseria spirituale genera povertà materiale, NdR), evangelizzando e cristianizzando le popolazioni povere delle campagne per condurle sulla via della salvezza eterna.
Don Ricca ha preso spunto dalla cronaca dei funerali di san Martino per offrire una meditazione su una questione ineludibile e scomoda, alla quale sovente preferiamo non pensane: la nostra morte. San Martino morì l’8 novembre 397 a Candes, distante circa 60km da Tours, dove si era recato per risolvere alcune questioni che minavano la concordia fra il clero locale. La salma venne contesa dalla popolazione di Poitiers, dove Martino era stato monaco, e dalla popolazione di Tours; prevalse quest’ultima che, di nascosto, la notte del 8 novembre riportò la salma di Martino nella città di cui era vescovo. Citando brevemente Sulpicio Severo, discepolo e biografo di Martino, don Ricca ha evidenziato la straordinarietà dell’uomo e del santo: prima soldato romano e catecumeno (qui si colloca il famoso episodio del mantello tagliato a metà e donato al povero), poi battezzato cristiano; quindi monaco e fondatore del monachesimo in Occidente (anche se fu poi san Benedetto, circa due secoli dopo, a dare forma e struttura al monachesimo occidentale con la scrittura della Regola benedettina), infine vescovo di Tours per acclamazione a furor di popolo. Martino combatteva tenacemente il paganesimo (NdR: segnaliamo, in proposito, che il santo Vescovo non disdegnava abbattere edifici e simboli dei culti pagani: chi ha orecchie per intendere, intenda), scacciava i demoni, guariva gli ammalati proprio come Gesù. Alle esequie, celebrate l’11 novembre, giorno poi scelto per la memoria liturgica, giunsero a Tours moltitudini di persone dalle campagne e dalle città vicine, rendendo onore al santo defunto col canto di inni e salmi. Gli onori e la gloria tributati a Martino nel giorno del suo funerale furono quasi il riassunto della santità della sua vita. Arriviamo dunque alla meditazione: «Questa sera ciascuno pensi: al mio funerale cosa capiterà? Mi ringrazieranno per il bene che ho fatto? Ricorderanno cose buone di me? Dobbiamo fare attenzione: se non lasciamo altro di noi, i nostri eredi si dimenticheranno presto di noi dopo essersi spartiti l’eredità». L’esortazione di don Ricca è, chiaramente, a fare della nostra vita una vita santa, volgendo lo sguardo anche al nostro patrono, potente intercessore, pregandolo per ottenere il suo aiuto e le grazie necessarie a guadagnarci la beatitudine eterna in Paradiso.
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