(Testo di Renato Scotti – Immagini di Gabriele Bisco, Mirella Nigra, Martina Acotto, Stefano Gianuzzi, Sandro Frola, don Alberto e Annalisa Matta) – La Settimana Santa presso le Parrocchie di Mazzè, Tonengo e Villareggia, in conclusione della Quaresima, è stato vissuto come un tempo privilegiato, sacro e solenne, durante il quale ogni cristiano è chiamato a rivivere e meditare con maggiore intensità gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù Cristo; meditazione a cui la Chiesa invita in modo particolare già durante i venerdì di Quaresima, durante la Via Crucis, con la ripetizione fra una stazione e l’altra dell’antifona “Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, / quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum”: “Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo, / perché con la tua santa croce hai redento il mondo”.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) affermava che la Passione di Gesù Cristo deve essere l’oggetto ordinario delle meditazioni di ciascuno.

Durante una predicazione ai suoi congregati, in occasione degli annuali esercizi spirituali, affermò che «tutte le meditazioni sono buone; ma quelle della Passione di Gesù Cristo è la più utile. Qui non dobbiamo fermarci alla scorza; ma penetrare nell’umiltà, nella mortificazione, nelle pene del Redentore (…) Io per me miserabile vi confesso che non lascio mai di farla; né so altro meditare, perché là ci trovo tutto»: quel “tutto” fa crescere in noi l’amore per il Salvatore e il desiderio di imitarlo, perché, aggiungeva il Santo, «chi tiene avanti Gesù Crocifisso non può fare a meno di amarlo» (cfr. Celestino Berruti, Lo Spirito di sant’Alfonso, Napoli 1857, p. 161)

Con questo spirito è stata vissuta la Settimana Santa nelle comunità affidate a don Alberto Carlevato, a cominciare dalla liturgia della Domenica delle Palme (celebrata, a Villareggia, da don Luca Pastore, che svolge il suo ministero fra Quincinetto, Quassolo, Tavagnasco, Carema e l’ospedale civile di Ivrea), passando per il Triduo pasquale e giungere infine alla Domenica della Pasqua di Resurrezione.

Il canto liturgico è stato degnamente sostenuto, in ogni parrocchia, dalle rispettive corali, riunite invece per la celebrazione della Veglia pasquale.

Alla Santa Messa del Giovedì Santo – giorno in cui si fa memoria dell’Ultima Cena, durante la quale Gesù istituì i sacramenti dell’Eucaristia e del Sacerdozio – è seguita l’adorazione Eucaristica dinanzi all’Altare della Reposizione allestito nelle chiese parrocchiali delle tre comunità.

Il Venerdì Santo – giorno della crocifissione e morte di Gesù, unico giorno dell’anno in cui non viene celebrata alcuna Santa Messa – dopo la Liturgia della Passione si è svolta a Tonengo la sacra rappresentazione “Le strade della Croce”, antica tradizione che mette in scena i momenti ultimi della vita terrena di Gesù, la Sua passione e morte, a cominciare dall’Ultima Cena, in chiesa parrocchiale, fino alla deposizione nel sepolcro presso il cimitero, al quale si giunge in processione.

La solenne Veglia pasquale del Sabato Santo – giorno di silenzio e di attesa – è stata celebrata a Mazzè da mons. Lorenzo Piretto, Arcivescovo emerito di Smirne, con le comunità riunite presso la chiesa parrocchiale.

Come di consueto, la Veglia si è iniziata sul sagrato della chiesa, con la benedizione del fuoco nuovo, la preparazione e l’accensione del cero pasquale, entrambi simboli di Gesù risorto che vince le tenebre della morte e del male.

L’Inno del giubileo 2025 – il cui incipit è “Fiamma viva della mia speranza” – è stato cantato dalle corali parrocchiali prima dell’ingresso in chiesa e della celebrazione della Santa Messa vigilare.

La domenica di Pasqua, la Santa Messa a Villareggia è stata celebrata “a sorpresa” da mons. Roberto Lucchini, originario di Pont Canavese e attualmente Consigliere di 1° classe della Nunziatura Apostolica presso la Repubblica del Congo (ma già in procinto di proseguire il proprio incarico diplomatico altrove, verso il continente indiano).

Nell’omelia, mons. Lucchini ha osservato che quest’anno la Quaresima – in particolare la Settimana Santa – e la Pasqua sono state vissute e celebrate nella particolare cornice del Giubileo ordinario il cui motto è “Pellegrini di speranza”.

E ha collegato questa speranza a quella che animò Pietro e gli altri discepoli al ritorno di Maria di Magdala e delle altre donne dal sepolcro vuoto.

«Pietro e gli altri, pur essendo delusi e sconfitti umanamente» – perché non avevano ancora compreso il Mistero della Salvezza attraverso la Passione, Morte e Resurrezione di Cristo, e si aspettavano da Gesù una “liberazione sociale” più che spirituale – «nel cuore conservano una luce di speranza, ed è per quello che reagiscono immediatamente all’annuncio delle donne».

Dapprima temono che qualcuno abbia portato via il corpo del Signore, ma poi «correndo verso il sepolcro ecco che si fanno pellegrini di speranza».

Giovanni, che per tradizione è colui che accompagna Pietro in questa corsa al sepolcro, vede le bende in terra, ma non entra, lascia che sia Pietro, il primo degli apostoli, ad entrare per primo nella tomba vuota. Poi, entrambi, «videro e credettero. In quel momento la speranza non soltanto si è rianimata, ma ha avuto la luce della fede».

«Queste parole sono rivolte anche a noi oggi, perché è difficile anche per noi essere pellegrini di speranza», vivere oggi la speranza in un mondo martoriato dalle guerre e dalle ingiustizie.

Tuttavia, ha esortato mons. Lucchini, dobbiamo ricordare l’ammonimento di san Paolo e «convertire le nostre logiche umane in logiche più alte:

“Pensate alle cose di lassù” (Col 3,2)»: non è un invito a non occuparci delle cose di questo mondo, ma ad affrontarle, invece, ragionando con la logica di Dio e non con quella degli uomini, perché in tal modo «la speranza diventa possibile e anche noi, nel nostro piccolo, possiamo diventare artigiani di speranza».

Il saluto finale di mons. Lucchini è stato per i Coscritti 2007, che in questo 2025 festeggiano i 18 anni e i cui foulard sono stati benedetti sul finire della celebrazione eucaristica: «conservate sempre la speranza. Non la speranza superficiale, ma la Speranza che ci viene dal Signore Gesù, Lui che si è fatto carico anche delle nostre croci, delle nostre debolezze, delle nostre fragilità» – in sostanza, dei nostri peccati, per redimerci dai quali Gesù è stato “come agnello condotto al macello” (Is 53, 7) – «e ci ha salvato con il suo amore».

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In conclusione di questo breve resoconto sembra opportuno ricordare anche le parole che papa Giovanni Paolo II pronunciò durante l’udienza generale del 21 maggio 1997 a proposito delle persone alle quali per prime apparve il Risorto. Di seguito un ampio estratto di quanto disse il santo pontefice:

«La Vergine, presente nella prima comunità dei discepoli (cfr. At 1, 14), come potrebbe essere stata esclusa dal numero di coloro che hanno incontrato il suo divin Figlio risuscitato dai morti?

È anzi legittimo pensare che verosimilmente la Madre sia stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso.

L’assenza di Maria dal gruppo delle donne che all’alba si reca al sepolcro (cfr. Mc 16, 1; Mt 28, 1), non potrebbe forse costituire un indizio del fatto che Ella aveva già incontrato Gesù? Questa deduzione troverebbe conferma anche nel dato che le prime testimoni della resurrezione, per volere di Gesù, sono state le donne, le quali erano rimaste fedeli ai piedi della Croce, e quindi più salde nella fede.

Ad una di loro, Maria Maddalena, infatti, il Risorto affida il messaggio da trasmettere agli Apostoli (cfr. Gv 20, 17-18).

Anche questo elemento consente forse di pensare a Gesù che si mostra prima a sua Madre, Colei che è rimasta la più fedele e nella prova ha conservato integra la fede.

Infine, il carattere unico e speciale della presenza della Vergine sul Calvario e la sua perfetta unione con il Figlio nella sofferenza della Croce, sembrano postulare una sua particolarissima partecipazione al mistero della risurrezione.

Essendo immagine e modello della Chiesa, che attende il Risorto e che nel gruppo dei discepoli lo incontra durante le apparizioni pasquali, sembra ragionevole pensare che Maria abbia avuto un contatto personale col Figlio risorto, per godere anche lei della pienezza della gioia pasquale.

Presente sul Calvario durante il Venerdì Santo (cfr. Gv 19, 25) e nel Cenacolo a Pentecoste (cfr. At 1, 14), la Vergine Santissima è probabilmente stata testimone privilegiata anche della risurrezione di Cristo, completando in tal modo la sua partecipazione a tutti i momenti essenziali del Mistero pasquale.

Accogliendo Gesù risorto, Maria è inoltre segno ed anticipazione dell’umanità, che spera nel raggiungimento della sua piena realizzazione mediante la risurrezione dai morti.

Nel tempo pasquale la comunità cristiana, rivolgendosi alla Madre del Signore, la invita a gioire: “Regina Coeli, laetare. Alleluja!”, “Regina del cielo, rallegrati. Alleluja!”.

Ricorda così la gioia di Maria per la risurrezione di Gesù, prolungando nel tempo il “rallegrati” rivoltole dall’Angelo nell’annunciazione, perché divenisse “causa di gioia” per l’intera umanità.»

Regina Caeli, laetare, alleluia! / Quia quem meruisti portare, alleluia! / Resurrexit sicut dixit, alleluia! / Ora pro nobis Deum, alleluia!

(Rallegrati, Regina del cielo, alleluia! / Poiché Colui che hai meritato di portare in grembo, alleluia! / È risorto come aveva predetto, alleluia! / Prega per noi il Signore, alleluia!) –

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